In più di un’occasione, su questo blog e di persona quando mi trovo a parlare di fotografia con appassionati, amici e con chi ha voglia farlo, mi capita di trattare il rapporto tra fotografia e memoria e di quanto la traccia fotografica, il documento fotografico sia importante per creare e costruire il ricordo. Un tema a me molto caro ed a mio avviso molto importante, con grandi implicazioni oltre che storico/sociali soprattutto emotive. In particolare in un’epoca in cui la fotografia è diventata intangibile e spesso effimera è alto il rischio che le fotografie digitali vadano irrimediabilmente perdute.
Il mio pensiero va agli album di famiglia cartacei ed al significato che hanno sempre avuto in epoca analogica per la storia di ognuno di noi e cosa significherebbe la nostra vita attuale e futura senza la possibilità di avere accesso ai tesori in esso contenuti.
Senza memoria non rimarrà traccia del nostro passaggio
In questi giorni, tardivamente, mi sono imbattuto in un articolo ormai datato, risalente al 2015 (praticamente un’era geologica quando si parla di comunicazione online) pubblicato sull’”Huffington Post”, che mi sembra comunque di grande attualità.
Nell’articolo viene riportato un ammonimento ad opera di Vinton Cerf, uno dei “padri di internet”, colui che condusse con Robert Kahn la ricerca che sviluppò i protocolli di comunicazione TCP/IP e la stessa rete Internet come la conosciamo noi oggi, che riguarda da vicino tutti noi che viviamo nell’era digitale: il pericolo incombente di una desertificazione digitale dovuta alla smaterializzazione dei dati digitalizzati.
Ciò che paventa colui che è stato vicepresidente e Chief Internet Evangelist in Google, è il fatto che, mano a mano che i sistemi informatici ed i software evolvono, i documenti e le immagini salvate con le precedenti tecnologie, diventano progressivamente inaccessibili. E’ così molto probabile che coloro che nei prossimi secoli si interesseranno alla nostra epoca e si faranno domande su di noi, incontreranno enormi difficoltà a trovare risposte. La tecnologia digitale rischia di trasformare il ventunesimo secolo in un periodo quasi inaccessibile alla storia. Di fatto questo problema è già una realtà: ricordate ad esempio i cari e vecchi floppy disk? Oggi, anche se i dischetti sono integri, l’hardware necessario per utilizzarli praticamente non è più disponibile.
Senza fotografia non c’è memoria
Arriviamo ora a ciò che mi stimola riflessioni più da vicino. Ciò che mi interessa maggiormente e mi preme mettere in evidenza, non sono tanto i possibili ed interessanti scenari generali ai quali potrebbe condurre un tale stato di cose se continuerà il processo di smaterializzazione dei dati affidati ai computer. Ciò che più attira il mio interesse e mi preoccupa in particolare, sono le implicazioni e le possibili conseguenze causate da una futuribile assenza di memoria fotografica sul nostro “essere umani”. A ciò che condurrebbe una perdita di memoria collettiva: una desertificazione dei nostri cuori.
Il dato fotografico, fino a pochissimo tempo fa si manifestava attraverso oggetti fisici come il negativo e la stampa. Se in virtù della tecnologia si toglie la tangibilità a tale dato trasformandolo in una sequenza di bit, si sottrae inevitabilmente anche l’accessibilità ad esso e si mette in pericolo il contenuto umano di cui è portatore.
Il rapporto tra memoria e Fotografia e strettissimo. Le fotografie hanno una funzione sociale e privata, rappresentano la storia delle nostre radici, sono come un filo di Arianna utile, nel corso del tempo, a tenere traccia delle vicende vissute e della nostra storia emotiva. Semplificando potrei dire che senza fotografia non c’è possibilità di memoria. Ciò è vero in generale e lo è ancora di più quando si tratta di Fotografia di matrimonio deputata a raccontare e mantenere il ricordo di un evento della vita strettamente connesso alla sfera affettiva. Per la coppia, la famiglia e la comunità di riferimento in cui essa è inserita.
Allora come fare?
Quotidianamente digitalizziamo i nostri documenti più cari e importanti: testi, fotografie, video che parlano delle nostre vite e del nostro lavoro. Inconsapevolmente (sperabilmente sempre meno) stiamo gettando tutti i nostri dati e ricordi in quello che rischia di diventare un buco nero.
Non esistono antidoti miracolosi, credo che solo la consapevolezza possa aiutarci a far fronte alla modernità. Non voglio essere riduttivo, ma forse in fondo potrebbe bastare agire come ha sempre fatto l’uomo per stare al mondo. Recuperando una saggezza antica presente nei nostri geni, sviluppando coscienza critica e capacità di adattamento.
Riprendendo le parole di Cerf: “Se c’è una foto che per noi rappresenta un tesoro, stampiamola. Non affidiamoci soltanto alla memorizzazione digitale. Nel nostro zelo, presi dall’entusiasmo per la digitalizzazione, convertiamo in digitale le nostre fotografie pensando che così le faremo durare più a lungo, ma in realtà potrebbe venir fuori che ci sbagliavamo. Il mio consiglio è: se ci sono foto a cui davvero tenete, createne delle copie fisiche. Stampatele”.
Come dargli torto…
Buone foto a tutti.
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